martedì 24 agosto 2010

luce

"Dobbiamo modificare il nostro modo tradizionale di parlare che, per lo più, si rivolge all'altro attraverso un senso già codificato, presunto neutrale e universale. Rivolgersi all'altro in quanto altro richiede parole inedite e in qualche maniera uniche, come è sempre nuovo e unico l'incontro con un altro. Richiede anche parole che esprimono, e si indirizzano, a un essere globale, con la propria sensibilità, il proprio corpo. Non si tratta dunque di ripetere un discorso già esistente, ma di creare un dire vivo, direi poietico, che chiama l'altro ad entrare in relazione qui e ora. La parola allora si fa gesto, un gesto che tocca l'altro e lo implica, pur rispettando la sua singolarità. Il che esige che sia mantenuto, in se stessi e fra i due, un silenzio che preservi la dualità dei mondi e delle soggettività, e fornisca un luogo dove possa nascere una parola nuova."
LUCE IRIGARAY




Luce Irigaray, filosofa e psicanalista belga, ha scritto queste parole in un contesto di studio delle differenze di genere.

Ma quanto si adatta anche alle differenze culturali e alla costruzione della nuova società mista!


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