mercoledì 15 settembre 2010

soltanto il mare, ci separa

ma no, non è soltanto il mare che sta in mezzo tra europa e africa, tra noi e loro, tra lampedusa e il resto dell'italia - e non è nemmeno soltanto la politica, soltanto la cultura, soltanto la storia.
soltanto noi, ci separiamo.
noi, ognuno di noi, e nemmeno sempre.





dagmawi yimer, nato ad addis abeba nel 1977, è venuto in Italia quattro anni fa.
ha fatto la sua scelta, ha lasciato la sua vita e l'etiopia in un gesto che a provare a immaginarlo non si arriva a capire del tutto cosa significa, e ha viaggiato lungo la rotta dei migranti, Sudan, Libia, il deserto, i campi di detenzione, il peschereccio e la morte che ti sfiora nel mare e nemmeno questo è qualcosa a cui l'immaginazione da sola possa avvicinarsi.

ha raccontato una parte della sua esperienza di viaggio in un documentario terrificante girato lo scorso anno con andrea segre, "Come un uomo sulla terra": quella parte della sua esperienza condivisa da centinaia di migliaia di persone ogni giorno, mentre il mondo intero sta a guardare affacciato alla finesta la loro lotta per la sopravvivenza - un documento distribuito con enormi difficoltà, mai passato dai media ufficiali, ma diventanto popolarissimo tra chi si occupa di migrazioni e antirazzismo - un documento storico, che apre (o dovrebbe aprire) gli occhi e le menti di chi pensava che non stesse succedendo niente.


Poi Dag ha girato, questa volta con fabrizio barraco e giulio cederna, un altro documento, tanto storico  quanto il primo, ma di cui è meno immediato comprendere la portata.
"Soltanto il mare" racconta la sua Lampedusa e anche l'isola degli isolani, che per alcuni momenti un po' coincidono: i racconti dei pescatori, il suo racconto e le immagini del suo sbarco, gli abitanti senza ospedale che per farsi curare devono andare sulla terraferma, che ballano alle fiere di paese e applaudono i bambini prodigio, che seguono la processione di Maria, che nemmeno lo fanno parlare nell'ansia di dimostrarsi scorrettamente corretti.
Storicamente sentivo il bisogno di un racconto così, di qualcuno che mi raccontasse la mia terra e la sua esperienza nella mia terra con le sue parole e i suoi occhi e il suo sguardo poetico che non è solo quello di chi è sbarcato dopo aver visto la morte in viso, ma non è nemmeno solo quello di chi è semplicemente emigrato: un pezzo di vita, che posso condividere, includere, confrontare, e trarne conforto.

un pezzo di vita che mi dice l'amore per questo paese, i tramonti di Lampedusa, il profumo del pesce alla griglia, i volteggi dei serissimi bellerini di liscio in piazza, il ridicolo dei bambini prodigio tirati a lucido come bambole, la ruvidezza di un vecchio marinaio che guida l'apecar, il dialetto salato dell'isola: un'esperienza che unisce e include e avvicina e messa di fianco all'esperienza di migrazione, rende, sì, quel mare, soltanto un mare.

Nessun commento: