sabato 2 luglio 2011

mi ha punto una zanzara

sono le quattro del mattino.
l'uomo dell'appartamento di fronte si aggira per la cucina in slip azzurri, asciuga una tazzina, scende cinque piani per buttare la spazzatura incurante della sua nudità così assurda anche nel giardino deserto, risale, apre e chiude armadietti, esce ed entra nella stanza senza uno scopo apparente, specchio all'inquietudine che mi tiene sveglia ma immobile sulla sedia in balcone, gravata dal peso della pancia e assorta nei movimenti allegri di questo bambino che mi fa compagnia.
mi sono scottata la bocca con il caffè troppo caldo, con la mia eterna impazienza, con i miei desideri irrealizzabili.
mi manca mio marito, ripartito per il Senegal dopo sole due settimane, pressato da un lavoro faticoso e complicato.
ripenso alle nostre discussioni intorno alla parola.
a volte, quando chiacchieriamo per lunghe mezz'ore di interessi e fatti, di amici e novità, di notizie, del mio paese e del suo, dopo un po' spalanca gli occhi, sorride prendendomi un po' in giro e mi dice ma a te piace davvero tanto chiacchierare.
sì, a me piace chiacchierare, a me di un argomento non basta l'enunciato, lui invece pensa che una frase completa sia solo per un pazzo wax bu jegg dof moka mom
conversazioni brevi, frasi brevi piccola mia è un libro di Fleutiaux Pierrette che mi viene sempre in mente
la comunicazione interstellare che accomuna il popolo africano e che a me è preclusa, incapace di leggere nel pensiero, nei segni del cielo, nelle kaurie, nella voce degli spiriti, le verità che cerco io le chiedo a lui: chiedo spiegazioni, anelo alle storie, ai racconti, alle leggende, alla sua opinione, ai recessi della sua mente, desidero conoscere il suo pensiero e desidero sentirlo tradotto in parole quanto desidero rivelargli il mio.
troppe parole sono fuori luogo.
anni fa, un'amica, grande conoscitrice delle culture africane d'origine e di migrazione e grande studiosa dei processi mentali degli esseri umani, mi disse tu parli troppo per gli africani, la parola lega come un incantesimo, tu sei una strega
e così resto sulla mia sedia sul balcone la notte a chiedermi se mio marito sta dormendo, senza corrente e senza ventilatore, o se oppresso dal caldo se ne sta sulla terrazza a fumare, guardando i due minareti e pensando a sua moglie e a suo figlio
e se attraverso il deserto mauritano, il mediterraneo e le colline italiane non ci sia comunque una corrente di pensiero che ci lega, una comunicazione telepatica più forte ed efficace di quella esplicita: conosciamo i nostri progetti, ognuno di noi ha il suo ruolo e i suoi compiti, ti ho chiamata appena mi sono svegliato e anche se devo scappare subito hai capito che i miei primi pensieri sono tutti per te, non sei contenta? mi chiede con quell'aria incerta che prelude alla delusione
sedici minuti su skype dopo un'intera settimana di telefonate rapide ed essenziali
no, non sono contenta
sì, sono contenta che tu ci sia, amore mio
mi ha punto una zanzara
a chi dirò i miei pensieri sul bambino che tra due mesi verrà a farsi conoscere? a chi racconterò del libro di amoz oz che mi sta annoiando forse perchè invade troppo i miei pensieri più intimi?
il tizio dell'appartamento di fronte si sta quietando, il suo movimenti sono meno fragili, forse ha sonno e io anche.
lascio il balcone e torno sotto la zanzariera bianca, nel mio bianco e rassicurante bozzolo, sperando che il vicino sia in pace e che mio marito mi raggiunga nel sonno, luogo misterioso, più efficace e puro di ogni parola.

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