sabato 13 febbraio 2016

N.E.G.R.A., Cecile, Sanremo e il ruolo delle donne afroitaliane

Meditavo su cosa scrivere di Cecile, l'artista afroitaliana, romana di madre camerunense, che ha debuttato a Sanremo 2016 con il brano N.E.G.R.A.

Non ho visto Sanremo, non lo vedo mai, ma questo brano mi è arrivato comunque, mi hanno chiesto cosa ne pensassi da più parti e ho dovuto ascoltarlo e ho dovuto pensarci bene.
L'ho ascoltato e riascoltato e mi colpisce a diversi livelli.
Primo tra tutti quello emotivo.

Non è un brano da cui si possa facilmente prescindere, dice molto della discriminazione, delle difficoltà, di cosa significa esser neri.
Penso a mio figlio, alle sue amiche, alla prima e alla seconda generazione di ragazzi afroitaliani che lottano a partire dal loro primo confine con il resto del mondo, a partire dalla loro pelle.
Negra.
Non è semplice buttare fuori questa lotta.




Ho sentimenti contrastanti e non sapevo esattamente come dirli.
Poi ho letto Internazionale e ho capito che ha già detto tutto Igiaba Scego.
Grazie Igaba!

"Dovrei essere contenta che una giovane donna sfidi il sistema, a modo suo. Contenta di quello sguardo che non si abbassa mai. Ma non lo sono. Perché il ruolo è sempre lo stesso, nelle cartoline come nel videoclip, quello di un essere sottomesso al patriarcato bianco e capitalista."

Leggete l'articolo, qui, rifletteteci, come ho fatto io, cercate in fondo al vostro cuore.

Come vi fa sentire? E' facile liquidarlo come un brano facile, di cultura hip hop, intriso della aggressività a cui i ragazzi sono tanto abituati? E' facile dire semplicemente che è brutto, volgare, maleducato? Oppure, al contrario, è facile dire che è bello e anzi, è anche di impatto, che ci voleva proprio così e con quel linguaggio lì?

Non c'è niente di facile in questo brano e in questa donna.

Io sono contenta che lei abbia cercato la sfida, contenta che sia arrivata su quel palco.
Sono contenta che se ne parli, che si cerchi di comprendere e di trovare un senso comune.

Ma concordo con Igiaba Scego: non c'è rivoluzione in questo brano, nella scelta di questa artista afroitaliana.

E da donna, solo italiana, aggiungo che non solo non c'è per le afroitaliane, ma non c'è neppure per tutte le donne, che alla fine hanno tutte lo stesso bisogno di liberarsi da catene pesanti.

E' un passo, ma molto incerto e non indica alcuna direzione.

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