venerdì 22 aprile 2016

respingimento di richiedenti asilo: in un'intervista a Radiopopolare vi racconto cosa succede a Milano

Una brutta storia davvero quella che è emersa nelle ultime settimane a Milano, dove l'ufficio Immigrazione ha modificato radicalmente la prassi nell'accesso alla procedura di richiesta asilo.

In base alla Costituzione e alla legge italiana, chiunque ha diritto di chiedere protezione.
Verrà giudicato da una Commissione predisposta allo scopo, composta da membri del Ministero dell'Interno e dell'UNHCR, che valuterà la storia e le prove documentali addotte, oltre alla situazione generale del paese del richiedente e deciderà se quella persona ha effettivamente diritto di asilo e può venire riconosciuta come rifugiato.
Una procedura complessa e seria perché complesso e serie è il problema che queste persone portano con sé.
E una procedura che non è mai stata presa alla leggera dalle Istituzioni, visto che il numero di coloro che effettivamente vengono riconosciute come rifugiati o comunque titolari di protezione umanitaria è stato, nel 2014 circa 21.000, su circa 70.000 domande (fonte CIR).

Ultimamente però coloro che si definiscono rifugiati e chiedono protezione sono aumentati, e sono troppi.
Perché i paesi in guerra, e le guerre interne ai vari paesi, sono aumentate, dico io.

Perché troppi cosiddetti migranti economici, fanno strumentalmente domanda di protezione senza averne i requisiti, dicono le istituzioni.

E in base a questa logica bisogna filtrare chi accede alla procedura: da qualche settimana si entra all'Ufficio Immigrazione da richiedenti asilo e se ne esce con un foglio di via, espulsi senza essere passati dalla Commissione, giudicati da un agente di Pubblica Sicurezza allo sportello.
E appena è pronto un aereo si viene rimandati indietro, anche se indietro significa Ucraina del Nord, Nigeria di Boko Haram, Liberia, Eritrea, Sudan, Congo.

Tre settimane fa ho assistito a questa nuova prassi, una donna che accompagnavo è stata espulsa dall'Italia il giorno che si è recata presso gli uffici di via Montebello a fare domanda di protezione.
Eppure proviene da un paese in guerra.

Ho fatto qualche telefonata, ho scoperto che alcune associazioni e avvocati stavano cominciando a raccogliere i casi e a mobilitarsi per una protesta circostanziata, e insieme ci siamo mossi e ci muoviamo.
Insieme a chi, da molti mesi, si muove anche nel resto dell'Italia, perchè quello di Milano non è certamente un caso isolato, anzi mi azzarderei a ipotizzare che la decisione non sia affatto stata presa a livello locale.

Di seguito l'intervista di questa mattina a Pietro Massarotto, presidente del Naga, e a me, realizzata da Roberto Maggioni per Radiopopolare.
La trovate qui

Abbiamo cominciato a sollevare il coperchio di questa brutta, bruttissima storia e se mi conoscete un po' sapete che vi terrò aggiornati.


ph credits Huffington Post

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