- [..] solo Dio sa se si rifarà vivo. Non mi è sembrato un tipo molto affidabile -
– Ah
no? – esclamò Hanne sollevando impercettibilmente un sopracciglio.
– Come devo interpretare quest’affermazione? Secondo te si può
capire dalla voce se una persona è affidabile o meno?
– Ehm,
– rispose Karianne muovendosi a disagio sulla sedia.
[..]
– Non
so bene, – proseguí Karianne. – In base alla mia esperienza le
persone che vengono da quelle parti non hanno la stessa idea di
appuntamento che abbiamo noi. Le ore non hanno, per cosí dire, lo
stesso significato.
Hanne
Wilhelmsen [..]intrecciò le dita dietro la nuca, sollevò i gomiti
per aria come se fossero ali e scrutò la collega attraverso la
frangia lunga. Poi strinse le labbra e le schioccò leggermente prima
di dire:
– E
chi sarebbero questi «noi»?
– Cosa?
– Chi
sarebbero questi noi che conoscono i principî in base a cui
funzionano le ore?
– Veramente…
– E
cosa intendi per «quelle parti»? La Turchia? L’Asia minore? Il
terzo mondo?
– Sono
stata fraintesa, – rispose Karianne grattandosi una macchia rossa
sulla guancia che si stava estendendo rapidamente. – Volevo solo
dire che…
Non
aggiunse altro. Hanne Wilhelmsen rimase in attesa.
– Ho
usato delle espressioni infelici, – ammise Karianne gettando
indietro i capelli. – Mi dispiace, non intendevo essere offensiva.
Hanne
lasciò cadere le braccia e si sporse in avanti. [...]
– Ti
credo, – rispose Hanne cosí all’improvviso che Karianne
letteralmente saltò sulla sedia. – Non penso che
tu volessi dire una
cattiveria, però sono dell’idea che…
Fece
roteare rapidamente i due pennarelli sul foglio.
– Dovresti
pensare da che parte stai, e quali pregiudizi devi combattere. Hai
mai notato il signore che pulisce l’ingresso tutte le mattine?
Quello che indossa sempre una tuta con i colori svedesi?
Karianne
scosse leggermente la testa. Il rossore ormai si era diffuso lungo il
setto nasale facendola assomigliare a un orsetto lavatore indifeso.
– Okay.
Allora una volta arriva qui un po’ prima di mattina e fai una
chiacchierata con lui. Viene dall’Eritrea. È un veterinario. Il
suo norvegese non è cosí male, ma dopo quattro anni in una prigione
etiope, ha i nervi piuttosto scossi.
– Ho detto che
mi dispiace, – ripeté Karianne Holbeck, in tono ormai quasi
scocciato.
– Allora
speriamo che il nostro amico di Grünerløkka si presenti
all’appuntamento.
(Anne
Holt “il ricatto” Einaudi 2012)
questa conversazione mi ha colpito
in sé però non dice nulla di tremendamente significativo
“dovresti pensare da che parte stai e quali pregiudizi vuoi combattere”
è il dialogo tra un'agente di polizia, Karinne e la sua capa, l'ispettore Hanne Wilhelmsen
un dialogo banale
Hanne Wilhelmsen è protagonista di una serie di romanzi polizieschi scritti da un'avvocata, giornalista ed ex ministro della Giustizia norvegese, Anne Holt, è brava, dura, professionale e lesbica e generalmente non si occupa di immigrazione ma di omicidi
questo dialogo è un caso, cosa che lo rende ancor più banale e contemporaneamente sorprendente
in Norvegia un dialogo del genere tra due persone, è normale
questo mi colpisce
una fa un commento su una persona che ha sentito al telefono, l'altra la riprende e le fa notare la scorrettezza, la prima si scusa.
fine.
fantastico!
immagino lo stesso dialogo in Italia: non sono razzista, ma...hai visto? quella ha fatto un commento poco corretto, vabbè, cosa vuoi farci, non è mica razzista.. le sarà sfuggito... è un po' superficiale... non è niente di grave, ma dai! mica te la sarai presa?!...come sei esagerata, non siamo un paese razzista...
nella mia compulsiva frequentazione del genere romanzesco, non conosco scrittori italiani che inseriscano dialoghi del genere nei loro libri: che significa? semplicemente che la letteratura si nutre della realtà in cui vive.
e che un altro mondo è possibile, su al Nord.
un mondo in cui è scorretto fare commenti pregiudizievoli sulle persone e si può farlo notare!
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