È stato un anno terribile.
Terribilmente faticoso, ma anche
terribilmente fertile.
E' stato terribile affrontare la
separazione, è stato terribile riuscire a darmi finalmente il
permesso di soffrirne, toccare il fondo del senso di inadeguatezza,
del senso di fallimento, del senso di colpa.
Ho odiato me stessa, il mio lavoro, le
mie fragilità.
Ho odiato anche le mie poche qualità.
Un pomeriggio della scorsa estate, al
mare in Abruzzo con amici, un giorno che Momo, in spiaggia, era
particolarmente oppositivo e difficile in un classicissimo terrible
two, sono crollata dicendo non sono assolutamente capace.
Non sono capace di fare la mamma, non
sono capace di essere una compagna affidabile e degna di essere
amata, non sono capace di essere una moglie, non sono capace di
essere un'amica generosa e attenta, non sono capace.
Non sono capace.
Credo che mi abbiano sentita piangere
fino al Gargano.
Ed effettivamente per lunghi momenti
non sono stata capace di essere queste e altre cose, a volte a
momenti alterni, a volte tutto insieme.
Le spiagge di Vasto e gli amici che mi
accompagnavano sono stati decisivi: non ero capace, ma potevo vedere
quanto era bello quel mare; non ero capace ma insieme a loro avrei
potuto riprendere l'allenamento alla socievolezza.
Tornata a Milano, insieme alla
crucialità dell'inserimento di Momo alla scuola materna (passaggio
proprio cruciale per entrambi), ho ripreso la psicoterapia, ho
ripreso la dieta naturopatica, ho ripreso le chiacchiere con la
pedagogista.
E sono stata ancora un bel po' male:
finalmente l'ho lasciato uscire.
Finalmente l'ho lasciato uscire.
Per molti mesi mi sono lavata e vestita
senza guardarmi allo specchio, ho mangiato senza sentire sapori, ho
letto senza attenzione, sono passata senza fermarmi, senza guardare,
senza sentire.
E' stato davvero un anno terribile.
Mantenere la concentrazione sul lavoro
è stato terribile, uno strappo quotidiano.
Mantenere una quotidianità serena e
allegra è stato terribile.
Occuparmi di Momo e delle sue
insicurezze, delle sue mancanze, dei suoi “tu non mi basti” -
giocare con lui e permettergli di elaborare con calma i cambiamenti,
spiegargli senza parole che a volte la mamma poteva essere triste
senza che lui ne avesse alcuna colpa, rispondere con chiarezza alle
domande per far stratificare dentro di lui l'amore del suo papà,
affrontare con lui le nuove maestre, i nuovi amici, la mancanza delle
vecchie maestre e dei vecchi amici del nido.
Giocare con lui e cercare di essere a
volte un mapà – un po' mamma e un po' papà – e permettergli di
essere un piccande – un po' piccolo e un po' grande.
E' stato terribile, e ogni giorno, ogni
singolo momento, è stato bellissimo riuscire a farlo, esserne
capace.
Non è di quelle soddisfazioni che ti
godi a posteriori, la bellezza arriva subito: la mammità si ripaga
immediatamente.
La natura umana e il suo fondamentale
istinto di sopravvivenza sono un miracolo!
Un miracolo che mi sta tirando in
piedi.
Che mi fa tornare a essere una donna
con degli interessi, un'amica con qualcosa da dare.
Quest'anno terribile finisce con grande
pienezza.
Non sono mai stata così sicura di me,
così tranquilla.
Finalmente non mi sento sola, non mi
sento persa, non mi sento più incapace e inetta.
Sarà che è il 31 dicembre e sono al bar, fa freddo ma c'è
il sole, un'amica è qui con me a lavorare al suo progetto e un'altra
amica è a casa con i nostri bambini, e stasera ci aspetta una
favolosa e raffinata cena di pesce; sarà che per la prima volta in
tre anni sono stata a un bellissimo concerto in cui un Pino Daniele
in gran forma mi ha riconciliata con la possibilità di godere delle
cose belle e il regalo di questo biglietto mi ha riempito il cuore;
sarà che molti buoni pensieri mi sostengono.
E' stato un anno terribile ed è
finito. E non ho rimpianti.
E siccome penso che la fine dell'anno
sia il rito più spirituale e importante dell'anno per la comunità
degli uomini e delle donne, e amo fare bilanci e amo ribadire la
speranza, e sono scaramantica e credo nelle magie, che il 2015 sia un
favoloso 2015 per tutti.
Ecco, l'ho detto.
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