Improvvisamente un pensiero mi ha attraversato la mente.
Dal 1998 ad oggi poco meno di 20.000 persone sono morte nel Mare Mediterrano cercando di raggiungere l'Europa e condizioni di vita migliori.
Alcuni scappavano da tremende guerre, altri da un'estrema povertà, altri ancora da paesi in cui le opportunità di lavoro, di conoscenza e studio, di progettualità, sono scarsissime.
Sono morti perchè il sistema legislativo europeo relativo ai flussi migratori e ai movimenti delle persone si è fatto via via più rigido, rendendo impossibile ottenere un visto di ingresso, nè in caso di fuga precipitosa nè in caso di desiderio o necessità lavorativa.
Dunque si prende la via del deserto e del mare.
E si muore.
Le condizioni sociali, culturali, economiche da cui queste persone desiderano o hanno necessità di allontanarsi sono in buona parte causate dalle politiche che Europa, Stati Uniti, Cina e Grandi Potenze e Lobby hanno imposto.
E' dal 1998 che succede, con enormi picchi dal 2006.
Dunque diciamo che dal 2006 gli europei hanno cominciato a rendersi conto che c'era un problema.
Noi, in Italia, questo problema lo sentiamo particolarmente vicino, perchè siamo paese di transito e gli sbarchi avvengono soprattutto sulle nostre coste.
Abbiamo protestato, in maniera più o meno vibrata, e con sempre meno intensità, dal 2006 ad oggi, fino a smettere del tutto.
Ad un certo punto ci siamo messi alla finestra a guardare migliaia e migliaia di persone passare di qua, dormire per strada, cercare di che sfamarsi e vestirsi, ci siamo intimamente indignati, ma siamo rimasti alla finestra.
Qualche coraggiosi milanese è andato alla stazione ad accoglierli, e per qualche giorno l'apatia si è scossa.
Matteo Salvini ha cominciato a urlare bestemmie contro la vita umana e abbiamo pensato che sbeffeggiarlo su Facebook fosse un bel gesto, significativo; e non ci siamo mossi dalla finestra.
Da qualche tempo i profughi hanno intensificato l'utilizzo delle vie di terra, attraverso la Turchia, la Grecia, la Macedonia e i Balcani e i paesi confinanti hanno iniziato a erigere muri.
E noi sempre alla finestra eravamo.
Qualche giorno fa l'Ungheria ha fermato migliaia e migliaia di persone alla stazione di Budapest, impedendo loro di proseguire, poi le ha lasciate andare, ma ha proibito di prendere il treno, così migliaia e migliaia di persone sono partite a piedi in una grande marcia che le ha portate, od oggi, a Monaco.
E i tedeschi sono andati ad accoglierli, alla stazione.
E gli italiani hanno deciso di mettersi in marcia, anche loro, in molte città, l'11 settembre.
Una grande marcia degli uomini e delle donne scalzi, che simbolicamente solidarizza con tutte queste persone in marcia.
Io andrò a questa marcia, a Milano, la sera dell'11 settembre.
E il pensiero è questo: perchè permettiamo che tutto questo accada?
La marcia è cosa buona e giusta, portare giocattoli e vestiti alla stazione e portare un sorriso e un abbraccio sono gesti piccoli ma significativi e di grande valore.
Ma Assad è ancora al suo posto e la guerra in Siria continua, la Nigeria viene costantemente depredata delle sue ricchezze e le persone devono venire a cercare qui un lavoro, l'Eritrea ha un regime terribile e costringe le famiglie a scappare, e l'Etiopia, il Sudan, il Congo, e..e..
Perchè ci comportiamo esattamente come chi ha visto gli orrori nazisti e non ha fatto nulla per fermarli e oggi si scusa profusamente, e da decenni, per non aver fatto nulla?
Io credo che succeda perchè è troppo.
Troppo orribile, troppo sconvolgente.
Ammettere che tutto questo ci riguarda davvero, e non riguarda solo delle famiglie a cui possiamo (o meno) portare la nostra solidarietà e poi tornarcene al nostro nido, ammettere che siamo parte della stessa razza umana e potenzialmente potremmo condividerne il destino, è troppo.
Se lo capissimo smetteremmo di vivere.
Quindi non indigniamoci per l'emotività volatile, per la facilità delle lacrime di fronte alle fotografie, di fronte al reportage, per la scarsa discesa in campo.
Siamo umani.
Cerchiamo piuttosto di restare umani e fare al meglio quello che possiamo.
E smettiamo di combattere i razzisti (non il razzismo, ma i razzisti), i qualunquisti, quelli che sbraitano in tv, quelli che le tv le fanno: non è solo questo il nostro fronte di battaglia.
La nostra frontiera è soprattutto dentro di noi.
Non è merito nostro se siamo nati da questa parte della barricata, è una fortuna incommensurabile.
Ma non è nemmeno colpa nostra.
Facciamo pace con la confusione emotiva che ci blocca e ci spinge a dare la colpa a chi grida all'invasione, a chi ha paura, a chi vomita odio: la confusione emotiva è umana e tutti noi, a tratti, proviamo paura.
Non giustifico fascisti e razzisti.
Noi non lasciamo che la paura vinca, questo ci fa diversi.
Dunque cosa possiamo fare, è la seconda domanda?
Smettere di occuparci dei cattivi de noartri, smettere di polemizzare come unico gesto di opposizione.
Noi stiamo lottando, possiamo e dobbiamo fare di più, ma ci siamo.
Andiamo avanti, qualcosa di buono ne verrà fuori.
1 commento:
Hai centrato il punto. Tra paure e emozioni, doveri di umana solidarietà e senso di inadeguatezza, andiamo avanti: qualcosa di buono ne verrà fuori.
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