giovedì 1 gennaio 2015

è stato

È stato un anno terribile.
Terribilmente faticoso, ma anche terribilmente fertile.
E' stato terribile affrontare la separazione, è stato terribile riuscire a darmi finalmente il permesso di soffrirne, toccare il fondo del senso di inadeguatezza, del senso di fallimento, del senso di colpa.
Ho odiato me stessa, il mio lavoro, le mie fragilità.
Ho odiato anche le mie poche qualità.
Un pomeriggio della scorsa estate, al mare in Abruzzo con amici, un giorno che Momo, in spiaggia, era particolarmente oppositivo e difficile in un classicissimo terrible two, sono crollata dicendo non sono assolutamente capace.
Non sono capace di fare la mamma, non sono capace di essere una compagna affidabile e degna di essere amata, non sono capace di essere una moglie, non sono capace di essere un'amica generosa e attenta, non sono capace.
Non sono capace.
Credo che mi abbiano sentita piangere fino al Gargano.
Ed effettivamente per lunghi momenti non sono stata capace di essere queste e altre cose, a volte a momenti alterni, a volte tutto insieme.
Le spiagge di Vasto e gli amici che mi accompagnavano sono stati decisivi: non ero capace, ma potevo vedere quanto era bello quel mare; non ero capace ma insieme a loro avrei potuto riprendere l'allenamento alla socievolezza.
Tornata a Milano, insieme alla crucialità dell'inserimento di Momo alla scuola materna (passaggio proprio cruciale per entrambi), ho ripreso la psicoterapia, ho ripreso la dieta naturopatica, ho ripreso le chiacchiere con la pedagogista.
E sono stata ancora un bel po' male: finalmente l'ho lasciato uscire.
Finalmente l'ho lasciato uscire.
Per molti mesi mi sono lavata e vestita senza guardarmi allo specchio, ho mangiato senza sentire sapori, ho letto senza attenzione, sono passata senza fermarmi, senza guardare, senza sentire.
E' stato davvero un anno terribile.
Mantenere la concentrazione sul lavoro è stato terribile, uno strappo quotidiano.
Mantenere una quotidianità serena e allegra è stato terribile.
Occuparmi di Momo e delle sue insicurezze, delle sue mancanze, dei suoi “tu non mi basti” - giocare con lui e permettergli di elaborare con calma i cambiamenti, spiegargli senza parole che a volte la mamma poteva essere triste senza che lui ne avesse alcuna colpa, rispondere con chiarezza alle domande per far stratificare dentro di lui l'amore del suo papà, affrontare con lui le nuove maestre, i nuovi amici, la mancanza delle vecchie maestre e dei vecchi amici del nido.
Giocare con lui e cercare di essere a volte un mapà – un po' mamma e un po' papà – e permettergli di essere un piccande – un po' piccolo e un po' grande.
E' stato terribile, e ogni giorno, ogni singolo momento, è stato bellissimo riuscire a farlo, esserne capace.
Non è di quelle soddisfazioni che ti godi a posteriori, la bellezza arriva subito: la mammità si ripaga immediatamente.
La natura umana e il suo fondamentale istinto di sopravvivenza sono un miracolo!
Un miracolo che mi sta tirando in piedi.
Che mi fa tornare a essere una donna con degli interessi, un'amica con qualcosa da dare.

Quest'anno terribile finisce con grande pienezza.
Non sono mai stata così sicura di me, così tranquilla.
Finalmente non mi sento sola, non mi sento persa, non mi sento più incapace e inetta.
Sarà che è il 31 dicembre e sono al bar, fa freddo ma c'è il sole, un'amica è qui con me a lavorare al suo progetto e un'altra amica è a casa con i nostri bambini, e stasera ci aspetta una favolosa e raffinata cena di pesce; sarà che per la prima volta in tre anni sono stata a un bellissimo concerto in cui un Pino Daniele in gran forma mi ha riconciliata con la possibilità di godere delle cose belle e il regalo di questo biglietto mi ha riempito il cuore; sarà che molti buoni pensieri mi sostengono.

E' stato un anno terribile ed è finito. E non ho rimpianti.

E siccome penso che la fine dell'anno sia il rito più spirituale e importante dell'anno per la comunità degli uomini e delle donne, e amo fare bilanci e amo ribadire la speranza, e sono scaramantica e credo nelle magie, che il 2015 sia un favoloso 2015 per tutti.
Ecco, l'ho detto.

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