mercoledì 16 dicembre 2009

16 dicembre 2009

L'altra sera la mia coinquilina mi ha chiesto: ma perchè sempre senegalesi? Così come fanno a turno tutti i miei amici dopo che a un fidanzato senegalese ne segue un altro.
La mia risposta è stata “boh”...e non perchè non abbia voglia di riflettere su questa particolare circostanza, ma perchè molto sinceramente non-lo-so.

Ci sono alcune risposte, ma nessuna è esaustiva.
Per cominciare ne scarterei una: alcune amiche sostengono che io gli italiani non li guardo nemmeno. Falso. Io sostengo che una risposta alla domanda di cui sopra sta nel fatto che, pur non conoscendone il motivo, registro una totale mancanza di interesse da parte degli italiani nei miei confronti: già, mi rispondono quelle, perchè tu lanci segnali ostili, mentre ai senegalesi (a quelli che ti interessano) lanci segnali positivi, quindi la scelta di fondo è tua.
Sarà.
Ma allora perchè io faccio sempre questa scelta e ad un senegalese ne segue un altro?

Farei un passo indietro: la mia prima reazione di fronte a questa domanda è sempre di profondo fastidio – dire “senegalese” non significa dire, che ne so “timido”, oppure “fanatico sportivo” oppure ”paternalista e autoritario”: “i senegalesi” non sono tutti uguali, non sono una categoria a sé, e quindi scegliere solo uomini senegalesi non significa scegliere sempre lo stesso tipo di uomo.
I senegalesi” o “le senegalesi” non sono nemmeno tutti simili per tipologia di educazione scolastica o morale, per dispiegamento di strumenti culturali, per coscienza politica, per senso religioso – così come “gli italiani” o “le italiane” non sono uguali né tra Milano e Bari, né tra Milano Porta Romana e Milano Baggio, né tra Milano facoltà di Economia e Milano by night, né tra me e te.

Forse anche nelle mie scelte sentimentali c'è effettivamente e ovviamente un filo conduttore, come per tutti, ma io so che non sta nella provenienza geografica – e dove sta non credo sia strettamente oggetto di questo blog.

Ma allora, se c'è stato una cambiamento e uno sperimentare in termini di diversi caratteri – il bello e gioioso baye fall traditore di periferia è stato seguito (brevemente) dal paterno religioso integralista del villaggio, (ancor più brevemente) dall'egocentrico artista esuberante figlio della grande scrittrice, e (per un soffio) dall'intellettuale timido e mammone -, resta il fatto inconfutabile che i miei fidanzati o pseudo, da circa dieci anni a questa parte vengono tutti dal Senegal.

Credo che dipenda dal fatto che ormai anche una parte di me viene dal Senegal o meglio una parte di me si è talmente mescolata con le altre culture e abitudini e modalità espressive (principalmente senegalesi) che cerco persone che possano condividere questo aspetto dell'esistenza – l'esistenza mescolata.
Anche i miei amici e le le mie amiche sono senegalesi (o brasiliani, cubani, peruviani, marocchini) oppure hanno esperienze di coppie miste, oppure hanno origini miste oppure vivono il mondo mescolato sulla loro pelle e nella loro quotidianità.

Con B condivido quotidianamente questo “essere metà qui e metà lì”: il giorno dopo essere arrivato a Dakar è partito subito per St.Luis dicendomi “tra tre ore sono a casa, ti chiamo appena arrivo”.
Due ore dopo era ancora bloccato nel traffico a Pikine, alla periferia di Dakar, e gli mancava la metropolitana milanese!
[Due mesi dopo si è ritrovato a discutere animatamente con sua mamma che trova inconcepibile (come da tradizione) che un uomo desideri lavare da sè i suoi vestiti o tenere in ordine la sua stanza.]

Questo non significa che io mi sia “senegalesizzata”: (né che sia sia italianizzato il mio B) sono e resto una tubab italiana, che non parla wolof tranne qualche buffa parola, che non brucia tchuray, che mangia risotto integrale e verdure al vapore, che va alle mostre d'arte e alle retrospettive di Godard e non balla mbalax – sono e resto quella che sono, ma a Dakar mi sento a casa, con i miei amici sento affinità elettive inconfondibili.
E la maggior parte dei miei amici vivono esperienze di migrazione (e quindi di mescolamento).

E poi, diciamocelo, anche il caso, puro, semplice e banale vuole la sua parte: dov'era scritto che io dovessi incontrare il Senegal?
Fosse stato il Belize oppure Palermo non sarebbe stato lo stesso?
Già, ma fosse stato Palermo non saremmo qui a parlarne.

Quindi incontrare il Senegal è stato un caso, continuare a frequentare persone senegalesi sia un caso che una scelta, avviare relazioni sentimentali una scelta ulteriore motivata da ragioni indipendenti dal mio pensiero cosciente e che ormai hanno a che fare con il modo in cui la mia natura si è modificata e radicata.

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