venerdì 7 maggio 2010

ribellarsi o appiattirsi?


Non sono io ad aver messo vicini questi due concetti, ma chi l'ha fatto mi ha dato da pensare.
Scrive Anonimo, a commento di un altro post: “rimango dell'idea pero',e nello specifico riguardo alle differenze socioculturali fra europei(italia) ed africani(senegal),che il passaggio all'eta' adulta che segna la ribellione contro i valori famigliari d'origine non e'tipicamente europeo e contrastante all' appiattimento africano per ragioni di coesione sociale ma e' dovuto principalmente a mancanza di mezzi economici e struttura legale in supporto per valorizzarlo e renderlo meccanismo di cambiamento collettivo e di progresso sociale.”
Si parlava di differenze culturali e di modelli famigliari: io ho parlato di ribellione contro appartenenza.
Voglio dire che io non ho dato un giudizio su un modello famigliare o su un altro.

L'adolescenza e la post adolescenza sono le età in cui una persona definisce e ridefinisce la propria identità: il contesto sociale di appartenenza dà alcuni degli strumenti attraverso cui l'identità si costituisce.
Nelle culture più occidentali l'identità si definisce attraverso passaggi di vero e proprio rifiuto della figura genitoriale, cosa che è funzionale alla definizione del sé: io sono ciò che non sei tu.
Questi passaggi possono essere più o meno forti, più o meno evidenti, più o meno ribelli, ma sicuramente fanno parte delle nostre fasi della vita.
Ne consegue una struttura sociale modellata su questo comportamento: quando si esce dalla famiglia (tradizionalmente per sposarsi), lo si fa per fondare una famiglia propria, mononucleare. 
Oppure ad un certo punto si esce dalla famiglia semplicememte per vivere per conto proprio, per definirsi in quanto entità autonome.
Chi non esce dalla famiglia è considerato “inferiore”, ai fini del ruolo sociale (una zitella, uno scapolo mammone).
Un individuo è prima di tutto un individuo singolo e poi un membro del gruppo famigliare: le sue scelte riguarderanno prima sé stesso e poi la continuità della sua famiglia.

Nelle culture africane che ho potuto avvicinare io (e non pretendo di essere quindi esaustiva né che si possa a tutti gli effetti generalizzare su un continente così vasto), esistono altrettante fasi di passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta, il cui scopo è però quello di far sì che l'individuo continui a sentirsi membro del gruppo famigliare di riferimento e dia continuità alla tradizione.
Un individuo è prima di tutto un membro del gruppo famigliare e poi un individuo singolo: le sue scelte riguarderanno prima il bene della famiglia e poi il proprio singolo bene individuale.
A volte, quando contrasteranno, la scelta prioritaria sarà più facilmente verso il bene famigliare.
Con il matrimonio una donna esce dalla propria famiglia per andare a vivere a casa della famiglia del marito (e non da sola con il marito).
Chi non si realizza economicamente (uomini) o con il matrimonio (donne) altrettanto come da noi non rispetta il suo ruolo sociale: il fatto in sé di restare a casa però non vale da solo a formulare un giudizio di non funzionalità.

Un maschio senegalese che è professionalmente realizzato, fidanzato o sposato e vive a casa con la mamma è probabilmente, nella società tradizionale, il sogno di ogni genitore.
Un maschio italiano se è adulto, professionalmente realizzato e vive con la mamma è considerato un soggetto problematico; se è sposato vive con i genitori solo se economicamente costretto.

Per parlare di appiattimento della società senegalese nei confronti delle regole famigliari tradizionali e di un meccanismo che va cambiato, bisogna innanzi tutto dare un giudizio (e in questo caso un giudizio negativo) su questa struttura sociale.
Mi sentirei di farlo solo se ritenessi la società senegalese in crisi cosa che non posso dire né ho gli strumenti per supporre.
Quello che so è che ogni società è naturalmente conformata perchè le regole che la sostengono si perpetuino, e che il compito della società stessa è quello di preservare se stessa.

Oggi, quanto descritto per la società senegalese non è più così valido: si formano sempre più famiglie mononucleari, gli individui si staccano dal contesto comunitario per formarsi come individui singoli e la società tradizionale sta cambiando moltissimo.
Probabilmente questo avviene perchè si è cominciata a sentire la necessità di un cambiamento.
Probabilmente il cambiamento è stato “portato a casa” anche (ma non solo) da molti immigrati, che hanno vissuto pezzi interi di vita altrove, facendone propri, anche inconsapevolmente, alcuni meccanismi.

Oggi non è più così valido neanche quanto descritto per la società italiana, che riscopre sempre di più la voglia di restare in famiglia, di non allontanarsi dal nucleo famigliare d'origine e di non diversificarsi troppo.
Probabilmente anche per noi vale quel meccanismo di “portato” che viene dalla mescolanza con persone che vengono da culture più tradizionali in questo senso, che noi facciamo nuovamente nostre, spesso inconsapevolmente.
Se io fossi qui per dare giudizi direi che non mi piace: non mi piace che la società italiana faccia dei passi indietro rispetto a quelle che io ritengo essere conquiste di autonomia, di consapevolezza e di crescita operate negli ultimi cinquant'anni.
Allo stesso modo, senegalesi più conservatori trovano una enorme mancanza di rispetto immaginare se stessi al di fuori della famiglia e ribellarsi, rendersi autonomi, non appiattirsi e potrebbero applaudire a vedere che l'età del matrimonio e dei figli in Italia si abbassa nuovamente e che si torna alle famiglie allargata.

In qualche modo però sia io che un senegalese conservatore abbiamo in comune la necessità di non veder cambiare il nostro mondo conosciuto.

Chi ha ragione?

Non esiste una società ideale, esistono solo persone e gruppi di persone felici (intendo veramente felici cioè consapevoli e non condizionate).
A ciascuno di vivere secondo la propria felicità.
Quello che a me interessa è capire, comprendere i meccanismi, vederne il funzionalmento e la funzionalità e poi decidere se io stessa posso viverci dentro oppure no: se decido di no, però non escludo mai che qualcun altro possa aver deciso che invece quella rappresenta per lui, la felicità, fino a che non è lui a dirmi il contrario.

2 commenti:

dia mounirou ha detto...

Non mi convince l'analisi, tutto via è senza altro interessante!!!

cristina sebastiani ha detto...

cosa non ti convince mounirou?
è bello sapere che l'hai letta, davvero mi fa piacere.
ma ti prego di capire che non scrivo solo per DIRE delle cose a senso unico, più che altro scrivo per proporre e ascoltare i commenti degli altri e di conseguenza per COSTRUIRE qualcosa che va in due sensi.
se hai voglia di spiegarmi meglio cosa non ti convince, mi dai una mano.
grazie :-)