può un uomo che vive in un mondo teatrale e tragico, un mondo che minaccia di crollare con fragore ogni giorno, incalzato da piogge torrenziali e siccità demenziali, che esplode di gioia in danze frenetiche, sabar e tamburi potenti, che cresce con spiriti e jinne e forze di ogni sorta e potere in disinvolta convivenza con gris gris e magia, una terra di caldo torrido, oceani immensi governati da divinità capricciose e bellissime, città brulicanti e cibi piccanti; un mondo che ogni immancabile giorno, nonostante tutto, si ripropone immutabile, fisso e per nulla incline a un benchè minimo mutamento: può quest’uomo prendere sul serio quello che avviene al di là del mare, dove i cambiamenti sono più rapidi e la natura umana più facilmente leggibile, dove per le piogge bastano aplomb e un paio di stivali di gomma, e per i tradimenti si volta pagina, ça va sans dire, senza rimpianti?
qualche tempo fa mi hanno raccontato una favola, oggi la racconto a voi, anche se il finale, potete ben capire, non mi convince del tutto.
c’erano una volta un principe e una principessa.
i due parlavano lingue diverse, lei faceva parte del regno dei ragni, lui di quello delle farfalle.
si innamorarono, lui amava le sue lunghe e numerose zampe flessuose, lei amava le sue antenne sensibili e le sue grandi ali colorate.
lui era incuriosito dal terreno, umido e fertile regno dei ragni e voleva farne parte almeno in parte.
lei era incuriosita dall’aereo e sorprendente regno delle farfalle e voleva farne parte almeno in parte.
si innamorarono in un silenzio incantato, in silenzio si sposarono e tutti pensarono, compresi loro due, che quel silenzio significasse una comprensione a un livello più profondo, che non aveva bisogno di approfondimenti.
in silenzio costruirono la loro casa, una lunga e ampia galleria scavata nel tronco dell’albero più alto, con tante finestre da dove lui potesse spiegare le sue ali colorate, e nicchie morbide protette da impalpabili ragnatele di trina, dove trovava posto il loro piccolo amore.
erano felici, si fidavano in silenzio l’uno dell’altra.
poi lui, in silenzio e senza colpe, cominciò a volare sempre più lontano, attratto dai suoni magici del suo mondo delle farfalle e spinto dalla sua natura di insetto che vola, e lei spaventata e muta utilizzò l'unico linguaggio che conosceva e si mise a tessere appiccicose ragnatele incrostate di foglie e insetti succosi nello sciocco tentativo di trattenerlo e trattenersi.
durò poco.
in silenzio si separarono, lei si arrese davanti alle forze magiche che non poteva combattere, lui si arrese di fronte allo spavento della tela tessuta, sempre in silenzio, senza pensare che lui avrebbe potuto insegnare a lei a gioire del suo volo, e se lei avrebbe potuto insegnare a lui a godere del calore benefico delle ragnatele che si dice siano molto efficaci per i dolori alle ossa: lei se ne andò piano, sulle sue lunghe zampe flessuose, voltandosi indietro alcune volte, ma lui era già volato molto in alto.
Nessun commento:
Posta un commento