giovedì 4 aprile 2013

il pranzo di pasqua

Ecco vedi? ognuno di noi ha fatto il suo pezzetto senza dirselo e tutto ha funzionato: abbiamo una tavola bellissima.

 Giulia sorrideva alla tavola apparecchiata per quindici tra grandi e piccoli, con la tovaglia indiana dei suoi genitori, il centrotavola con le uova dipinte e l'antipasto della nostra nonna.
Era davvero una tavola bellissima ed era bellissimo il sorriso di Giulia.
Sofia stava recuperando i bambini, togliendogli di dosso il fango che aveva ricoperto con loro enorme soddisfazione le colline in quei giorni.
Momo tirava con impegno la coda al cane.
B spiegava a una novenne e a una seienne dove si trova il Senegal e che animali ci abitano.
Mio papà e lo zio Giovanni, nel loro angolo davanti al camino, commentavano le decisioni di Napolitano mentre distrattamente si toglievano di dosso Pietro, che saltando sul divano finiva regolarmente addosso ai due discreti e silenziosi nonni.


Chiara, ascoltandoli dalla cucina, finiva di cuocere il pane e Marco, davanti al forno a legna dietro casa, si occupava dell'agnello.
Alessandro era ai vini, corposi vini umbri della zona del lago Trasimeno.
Caterina controllava e rinforzava il brodo.
Io li guardavo, guardavo quella casa grande, accogliente, profumata di fumo, di legna e di cera, osservavo le reti che mi tiravano e sentivo con gusto quanto fossero dolci.
Assenze e presenze comprese.
La nostra nonna, a Pasqua, preparava l'antipasto in anticipo, perchè alle 11 precise bisognava che tutta la famiglia fosse pronta per uscire per andare a San Pietro a sentire la benedizione del Papa. Solo al ritorno potevano iniziare i festeggiamenti.
Agretti disposti a nido ad accogliere le uova sode, intorno pomodori, maionese e due fette di salamino, è la ricetta della nonna.

Gli agretti ci sono solo a Roma, qui a Milano si chiamano barbe dei frati e si trovano raramente.
Dopo l'antipasto, la nonna aveva preparato i tortellini, con un brodo saporito che rimetteva chiunque al mondo.
E poi l'abbacchio.
Si dice che una volta io, piccola, a messa chiesi a mia mamma: perchè non si dice "abbacchio di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi?" ma la risposta si è persa nelle pieghe del tempo e il dubbio di quell'invocazione all'agnello resta.
E così la nostra tavola di questa Pasqua e il nostro pranzo sono stati perfetti, un pranzo come tradizione vuole, con l'antipasto della nonna, i tortellini di carne in brodo e l'abbacchio profumato.
Per chiudere con le montagne di cioccolata delle uova che i bambini erano andati a scovare nel prato e nella stalla, la mattina appena alzati.
E questa volta, dal Senegal, abbiamo aggiunto una ciotola di thiacri.
Perchè le tradizioni sono confortanti ed elastiche e ci piace paciugarle, quando serve.

E mettendo da parte per un momento stonature quotidiane e preoccupazioni, sono stata felice, davvero felice, di quella gioia semplice e pulita che non ti chiedi da dove venga e che sai che fa massa, nel tuo cuore, per i momenti difficili a venire.

1 commento:

alberto ha detto...

:-)