giovedì 26 marzo 2015

afroitaliani #5 di chi stiamo parlando?


Se diciamo afromericano sappiamo che ci stiamo riferendo a un nero anglofono, cittadino statunitense, discendente della diaspora cioè dello schiavismo proveniente dall'Africa (e dunque non avendo un'origine africana definita in una nazione, si identifica in un termine generico che ne indica la discendenza): in questo termine, nel contesto statunitense, non si identificano né i bianchi o gli asiatici di origine africana, né gli immigrati di recente arrivo a meno che loro stessi non decidano di definirsi afroamericani.
Da almeno due generazioni, le coppie di genitori presenti sul territorio italiano hanno cominciato ad essere miste, ad avere diverse provenienze geografiche: non sono tutte coppie italoqualcosa, ce ne sono moltissime anche afroasiatiche, o afroeuropee o afrosudamericane delle più diverse provenienze (maroccosvedesi, egittorumene, nigerobrasiliane, argetinocoreane) oppure ce ne sono di provenienza non africana (italogiapponesi, italonordamericane, italoindiane, italorusse, italolibanesi).
Noi ci occupiamo, senza voler escludere nessuno ma facendo una precisa scelta, delle famiglie afroitaliane e soprattutto dei bambini e dei ragazzi che ne fanno parte, per cercare di dare una definizione, perchè anche loro, al pari degli afroamericani, abbiano, se lo desiderano, un contesto che li aiuti a definirsi.
Queste persone, che noi appunto diciamo afroitaliane, stanno all'interno dell'insieme più ampio delle persone miste, che a sua volta sta all'interno dell'insieme più ampio delle persone italiane per nascita o per scelta, che a sua volta sta dentro in molti altri insiemi.
Che sia ben chiaro che ogni afroitaliana e ogni afroitaliano sono questo e anche molto molto altro, come tutti.

Ne parla Serigne Mour Samb, senegalese residente a Roma, papà di una famiglia afroitaliana, membro dell'Associazione Afroitaliani/e di Roma.


Chi sono gli afroitaliani?
Una domanda semplice, che richiede una riposta semplice e chiara.
Dal momento però che la risposta non è così immediata, cercherò di essere molto preciso.
Si puo fare in due modi: elencare quelli che rientranno secondo noi nella categoria, con la quasi certezza di dimenticarne una parte; oppure tentare di determinare le caratteristiche che permettono di dire che una certa persona è un afroitaliano o un'afroitaliana partendo da tre fattori determinanti (quello geografico, quello di nascita e quello culturale). In realta quest due metodi non si escludono e quindi li useremo entrambi.
Partiamo dalla parole stessa composta da afro e italiano
Cominciamo con la seconda che si presto meno a polemiche perche piu definite e delimitata dai fatti e dalle leggi.
E' italiano chi nasce da due genitori di cui almeno uno è italiano.
Non importa il luogo geografico in cui si nasce, ma dal sangue di almeno uno dei genitori. In questo caso la cultura non è determinante nella definizione.
Può essere italiano anche chi viene riconosciuto come tale dalla legge, o perchè risiede in Itlaia da molti anni oppure perchè nato in Italia da genitori stranieri e ci ha vissuto fino al compimento dei 18 anni.
In entrambi questi casi non è più il sangue, ma la cultura, l'elemento importante.
Ed è qui che emerge una delle grandi contraddizioni della legge italiana, basata pricipalmente sullo ius sanguinis, tanto criticata quando fa comodo per esigenze elettorali e subito rimessa nel cassetto a elezioni avvenute: una persona nata e cresciuta in Italia e che si riconosce pienamente nella cultura italiana, deve aspettare il compimento dei diciotto anni (e moltissime difficoltà di ordine burocratico) per poter essere riconosciuta come italiana.

La seconda parte della parola, afro, fa evidentemente riferimento all’Africa.
Ed è la parole che suscita piu problemi.
Parlare di Africa in Italia – ma anche in Europa - suscita reazioni appassionate, polemiche e contraddizioni.
L’Africa e un continente.
Se dividiamo il mondo intero in cinque parti, solo l'Africa ne rappresenta uno: geograficamente è un'entità unica, formata da più di 50 stati, cosa che può far sembrare un'aberrazione riferirsi all'africa come ad un'unica entità.
Ma se pensiamo alla cultura e ad alcune usanze e tradizioni, alla storia e alle storie e anche al colore e alle diverse sfumature di colori dell pelle, possiamo dire che esistono alcuni punti di convergenza che permettono di considerare l'Africa come una unità.
L'obiettivo è quello di cercare questi punti di convergenza e di considerarli come punti di riferimento per tutte per quelle persone che hanno un genitore italiano e uno africano, e una doppia cultura almeno in parte simile, così da spiegare l'utilizzo di questa definizione.

Ciò che determina l'afroitalianità può essere sintetizzato in alcuni fattori:
  1. geografico: è afroitaliano chi ha una doppia appartenenza, italiana e africana, sapendo che africano è anche il genitore appartenente alla diaspora e dunque  proveniente da una qualunque comunità africana nel mondo (per esempio sud o nord America)
  2. di nascita: è afroitaliano chi ha uno o entrambi i genitori africani – in base alla definizione di cui sopra
  3. di cultura: è afroitaliano chi ha uno o entrambi i genitori africani e cresce in Italia, assorbendone il complesso delle usanze, abitudini, valori e tutte quelle manifestazioni artistiche, religiose, intellettuali che definiscono e distinguono un gruppo e una società.
Nessuno di questi fattori è in sé sufficiente a definire un uomo o una donna afroitaliani, ma sono necessari tutti e tre in combinazione tra loro.

Per chiudere vorrei precisare che le parole hanno, in sé, un senso ben preciso, ma che molto dipende anche dall'utilizzo che se ne fa: se l'obiettivo è di cercare un elemento comune a diverse persone a fini educativi, allo scopo cioè di favorire una presa di coscienza positiva che ricordi a queste persone il valore della loro doppia appartenenza, aiutare e sostenere i ragazzi che vivono in Italia o in paese africano a crescere in modo sano e senza complessi, allora questa definizione è necessaria.
Se l'obiettivo è quello di rinchiudere, etichettare le persone affinchè sia poi possibile dire loro che da quella definizione non devono uscire, allora no, la definizione non è un buono strumento.


SERIGNE MOUR SAMB

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