Il 19 febbraio 2015 l'insegnante di una scuola media di Firenze è stata condannata a un anno e 4 mesi di reclusione per ingiurie e maltrattamenti psicologici con l'aggravante della discriminazione razziale, ai danni di un suo alunno di quindici anni.
Lo studente ha denunciato di essere stato chiamato negro e bifolco, e che rivolgendosi a lui, la donna sosteneva che "gli uomini, come gli animali, dovrebbero vivere ciascuno nel proprio ambiente".
Ne riferiscono alcuni quotidiani locali.
Ne riferisco anche io, perchè penso a quando succederà a mio figlio e a quando anche io, nel caso, sarò pronta a denunciare.
Ne riferisco perchè antirazzismo è anche denuncia, è anche portare allo scoperto le azioni sbagliate perchè non si ripetano.
Sento già il coro dei minimalisti indignarsi perchè non bisogna dare risalto, non bisogna fare di tutta un'erba un fascio, la scuola italiana è meglio di così, le classi ormai sono miste e bambini e insegnanti sono abituati a trattare le diversità e le culture.
Ma io non sono d'accordo.
La scuola italiana non è affatto preparata, tutto è lasciato al buon senso e per fortuna di buon senso ne gira moltissimo.
Ma non sempre è sufficiente e molto spesso non saranno le cene o le feste multietniche a portare qualche cambiamento: ci vorrebbero corsi di aggiornamento in cui insegnare agli insegnanti cosa è corretto e cose no, quando ci si rivolge a un ragazzo o a una ragazza di origine non italiana.
La compassione (dal latino pati e dal greco sympátheia a cui viene aggiunto il suffisso cum a indicare una comunanza di sentire e di vissuto) e il rispetto non sono insegnabili, ma una serie di regole comportamentali adeguate ai tempi che cambiano sì.
Per questo ne riferisco, perchè la realtà italiana, oggi è anche questa, e come ho detto molto spesso, nasconderci dietro un dito non è utile a nessuno, soprattutto non ai nostri figli.
1 commento:
per esempio i giornalisti si organizzano
http://www.magzine.it/comunicare-limmigrazione-corso-milano/
potrebbero farlo anche gli insegnanti.
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