lunedì 21 dicembre 2015

Il white privilege debutta sullo schermo nazional popolare

Il white privilege debutta sullo schermo nazionalpopolare.
Mi sembra una notizia piuttosto interessante.
Grey's Anatomy, stagione 12 episodio 7.
Andato in onda, sulle reti americane qualche settimana fa e oggi in Italia, su Sky.
Meglio tardi che mai.

Per white privilege si intende quell'atteggiamento sociale, comune, di cui fanno esperienza le persone non-bianche nella società occidentale: alle persone bianche vengono riservati dei benefici non accessibili alle persone non-bianche.

Lo spiega bene, mi sembra, la dottoressa Pearse nella serie tv: è come un ronzio di fondo, con cui le persone non-bianche convivono: "A volte non ci fai caso, altre volte diventa estremamente fastidioso o pericoloso". Come quando hai un biglietto di prima classe e ti indicano la coda per la economy, o quando scambiano il medico nero per un infermiere, il signore sull'autobus per un venditore ambulante, la mamma nera per la baby sitter del bambino misto, per la colf, per la badante.
Come quando tutti i protagonisti principali sono bianchi e i neri sono solo spalle.
Come quando tra un bianco e un nero la giustizia punisce più duramente un nero.
Un ronzio di fondo che le persone bianche non sentono, perchè non li riguarderà mai.

Immagino che fosse ora che la società americana, dopo lunghi anni di lotte e conquiste e discussioni, a volte però riservate a circoli un po' esclusivi o intellettuali, affrontasse l'argomento, benchè superficialmente, anche sulla grande diffusione mediatica.
Immagino che non sia troppo presto perchè anche noi, in Italia, che siamo agli albori della presa di coscienza di quanto realmente accade, cominciamo a parlarne.

E se io, noi, che ne siamo direttamente interessati e colpiti, ne discutiamo e ci informiamo da tempo, sono sicura che moltissime persone, anche a me vicine, non ne hanno mai sentito parlare.
Sono sicura che moltissime persone non ci hanno mai fatto caso.
Invece esiste, e ve lo dico senza polemica, ma con il desiderio che se ne prenda coscienza, senza drammi, ma anche senza liquidarla come una sciocchezza.
Non è un punto di vista e non è una sciocchezza.
Non basta dire "io non sono razzista".
Bisogna viverlo.
E se sei bianco, bisogna fare un grosso, enorme, ma doveroso, sforzo di immedesimazione e di empatia.
Per capire.
Per avere come punto fermo l'obiettivo di evitare.

Qualche settimana fa ero in Questura, a fare il mio lavoro di consulente, accompagnavo una richiedente asilo.
Dall'altra parte del vetro compare una figura nuova, un ragazzo di origine eritrea assunto come interprete.
La discussione tra me e il funzionario, che lui affiancava, era accesa, ma civile.
Davo del lei al funzionario, ma quando questo ragazzo (è effettivamente molto giovane) è intervenuto per dire la sua, io gli ho dato del tu.
Ed ero anche piuttosto scocciata della sua intromissione.
In meno di un secondo ho realizzato che non aveva senso dargli del tu, mi sono giustificata con la sua giovane età e (tutto dentro la mia testa), mi sono detta che no, non c'era una giustificazione e allora ho alzato la testa e gli ho detto "mi scusi, non c'è ragione per cui debba darle del tu".
Mi ha ringraziata, ma non mi ha sorriso.
E la cosa è finita lì.
Ci stava che fossi scocciata con lui, ma non ci stava che mi rivolgessi a lui in maniera diversa da come mi rivolgo abitualmente a chiunque stia dall'altra parte del vetro.
Ci ripenso ogni volta che lo vedo.
Se fosse stato bianco gli avrei dato del tu? Credo di no.

Nemmeno io, con tutta la mia presunzione di consapevolezza, sono esente.

Ragion per cui, senza drammi ma anche senza superficialità, bisogna sempre tenere presente che chi è bianco ha, da sempre, attorno a sè un'aura di privilegio.
E bisogna sempre tenere presente che questa cosa è ingiusta e sbagliata.
E comportarsi con tutti alla stessa maniera.




immagine apparsa sul sito http://www.campusreform.org/?ID=4667


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