Nel 2008 il mondo ha celebrato il sessantesimo anniversario della proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Un evento storico che ha segnato, nel 1948, un passo importante nella storia dei popoli che hanno affermato il concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile e universale: un concetto, quello di diritti umani, che la mia generazione ha potuto dare per scontato, e che, come tutti i doni, non ha saputo difendere adeguatamente ritrovandosi, sessant'anni dopo, a confronto con un mondo che fatica a porre tutti gli uomini sullo stesso piano.
Un evento storico che ha segnato, nel 1948, un passo importante nella storia dei popoli che hanno affermato il concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile e universale: un concetto, quello di diritti umani, che la mia generazione ha potuto dare per scontato, e che, come tutti i doni, non ha saputo difendere adeguatamente ritrovandosi, sessant'anni dopo, a confronto con un mondo che fatica a porre tutti gli uomini sullo stesso piano.
Pochi sanno che nella prima metà del 1200, in Africa, all'epoca dell’Impero Mandè, fu stabilito un patto che sancì per legge il rispetto di alcuni concetti che si posero alla base della vita in comune, contribuendo a costruire quelli che oggi chiamiamo "diritti umani".
È la Carta di Kurukan Fuga o Charte du Mandè.
Nel 1235, il re Sundjata Keita, era l'erede del regno di Niana, della regione chiamata Mandè (il Fouta-Djalon, attuale Guinea settentrionale e Mali meridionale abitata all'epoca da popolazioni di etnia mandinka e successivamente da gruppi peul).
Sundjata era figlio di Sogolon, la donna bufalo, e aveva la forza e il coraggio del leone (jata): sulla sua nascita e sulla sua vita, la tradizione orale ha tramandato leggende che raccontano di come la profezia lo avesse predestinato a diventare un grande imperatore.
Sundjata era figlio di Sogolon, la donna bufalo, e aveva la forza e il coraggio del leone (jata): sulla sua nascita e sulla sua vita, la tradizione orale ha tramandato leggende che raccontano di come la profezia lo avesse predestinato a diventare un grande imperatore.
Si dice anche che la magia lo avesse reso invincibile.
Quando il regno di Niana fu invaso dai Suso con il loro re-stregone, Soumagoro Kante, Sundjata riunì un esercito formato dalle forze di numerosi piccoli regni circostanti (a grandi linee abitanti del sud-est della Mauritania e di parte del Mali) e riconquistò le sue terre nella grande battaglia delle pianure di Kirina.
In questo modo, Sundjata Keita riunificò l'Impero Mandè (o Impero del Mali ) che raggiunse il suo apice cento anni dopo, nel XIV° secolo, estendendosi dalla Mauritania al Senegal al Gambia ad ovest, alla Guinea Bissau, Guinea Conakry, Liberia, Sierra Leone, Costa d'Avorio al sud, al Burkina Faso e Niger all'est, avendo al centro l'attuale stato del Mali.
In questo modo, Sundjata Keita riunificò l'Impero Mandè (o Impero del Mali ) che raggiunse il suo apice cento anni dopo, nel XIV° secolo, estendendosi dalla Mauritania al Senegal al Gambia ad ovest, alla Guinea Bissau, Guinea Conakry, Liberia, Sierra Leone, Costa d'Avorio al sud, al Burkina Faso e Niger all'est, avendo al centro l'attuale stato del Mali.
Il baricentro naturale di questo enorme impero era il generoso bacino idrico dell'alto fiume Niger che porta l'acqua nell'area desertica sub-sahariana del Sahel.
Nel XV° secolo l'impero Mande lasciò il posto all'Impero Songhai.
Soundjata Keita, incoronato mansa (imperatore) con il nome di Mari Djata, volle assicurare una pace definitiva e duratura e suggellare la fraternità dei popoli. Per questo riunì un’assemblea generale a Kurukan Fuga che redasse un’insieme di leggi e di regole chiamato oggi dagli storici la Carta di Kurukan Fuga o Charte du Manden
La Charte du Manden si rivolge ai "quattro angoli del mondo" con sette importanti affermazioni:
« ogni vita è una vita »
« il torto richiede una riparazione »
« aiutatevi reciprocamente »
« veglia sulla patria »
« combatti la servitù e la fame »
« che cessino i tormenti della guerra »
« chiunque è libero di dire, di fare e di vedere »
« ogni vita è una vita »
« il torto richiede una riparazione »
« aiutatevi reciprocamente »
« veglia sulla patria »
« combatti la servitù e la fame »
« che cessino i tormenti della guerra »
« chiunque è libero di dire, di fare e di vedere »
Pur nella necessità di leggere questo testo contestualizzandolo a un epoca e a un luogo, si trovano in questa carta i temi che saranno trattati vari secoli dopo in Occidente nelle dichiarazioni dei diritti umani: il rispetto della vita umana e della libertà dell’individuo, la giustizia e l’equità e la solidarietà.
Prendendo posizione verso gli schiavi, i minori, le donne, gli anziani, la carta introduce concetti nuovi per l'epoca sforzandosi di organizzare la società in maniera equa e di mettere il rispetto alla base della vita comunitaria.
Gli storici hanno pareri controversi, non tutti concordano nel ritenere questo testo come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell'uomo, ma è evidente che parlare di "rispetto" e non di "sottomissione" nei confronti dei capi religiosi, di "diritto alla vita" in una sociatà schiavistica, di "tolleranza" e di "capacità di scherzare" tra bambini e anziani, di "non fare torto" agli stranieri e che assegna la responsabilità di vegliare sull'organizzazione delle società e tutti indistintamente, significa affermare che una cultura nuova andava affermandosi.
IL TESTO
I - SULL’ORGANIZZAZIONE SOCIALE:
1: La società del gran mandè è suddivisa in 16 portatori di faretra, 5 classi di marabù, 4 classi di nyamakalas. Ciascun gruppo ha una sua attività e un ruolo specifico.
2: I nyamakalas si impegnano a dire la verità ai Capi, di essere i loro consiglieri e di difendere attraverso il modo di parlare le regole definite e l’ordine sull’insieme del regno.
3: I morikanda lolu (le cinque classi di marabù) sono i nostri Capi e maestri nell’Islam. Tutto il mondo deve loro rispetto e considerazione.
4: La società è divisa in classi di età. A capo di ciascuna di essa è eletto un Capo. Appartengono alla stessa classe di età le persone (uomini o donne) nate nel corso di tre anni consecutivi. I Kangbès (classe intermedia tra giovani e anziani), devono essere invitati a partecipare quando devono essere prese decisioni importanti che riguardano la società.
5: Ciascuno ha diritto alla vita e alla preservazione della sua integrità fisica. Di conseguenza, ogni tentativo di togliere la vita al prossimo è punito con la pena di morte.
6: Per vincere la battaglia della prosperità viene istituito il Kön¨gbèn Wölö (una forma di sorveglianza) per lottare contro la pigrizia e l’ozio.
7: Tra i mandekas viene istituito il sanankunya (cuginato per finta) e il tanamanyöya (forma di totemismo). Di conseguenza, nessuna divergenza nata tra questi gruppi deve degenerare, in quanto la regola è il totale rispetto dell’altro. Anche tra cognati e cognate, tra nonni e bambini il principio deve essere la tolleranza e la capacità di scherzare.
8: La famiglia Keita è la famiglia regnante sull’impero.
9: L’educazione dei bambini è in carico a tutta la società. La patria potestà appartiene di conseguenza a tutti.
10: Facciamoci vicendevolmente le condoglianze.
11: Se vostra moglie o vostro figlio fugge, non andate a cercarli dai vicini.
12: Essendo la successione patrilineare, non darete mai il potere ad un figlio fino a quando uno solo dei suoi padri è vivo. Non date mai il potere ad un minore, in quanto questi ha dei vincoli.
13: Non offendete mai i nyaras.
14: Non offendete mai le donne, nostre madri.
15: Non alzate mai le mani su una donna sposata, prima di aver fatto intervenire senza successo suo marito.
16: Le donne, oltre alle loro occupazioni quotidiane, devono essere a tutti i nostri governi.
17: Le bugie che hanno resistito 40 anni devono essere considerate verità.
18: Rispettiamo il diritto di primogenitura.
19: Tutti gli uomini hanno due suoceri: i genitori della giovane che non hanno sposato e la parola pronunciata senza costrizione alcuna. Si deve ad entrambi rispetto e considerazione.
20: Non maltrattare mai gli schiavi, accorda loro un giorno di riposo a settimana e fa in modo che cessino di lavorare ad un’ora ragionevole. Si è padroni dello schiavo, non della borsa che porta.
21: Non siate assidui con le spose del Capo, del vicino, del marabù, del mago tradizionale, dell’amico e dell’associato.
22: La vanità è segno di debolezza, l’umiltà di grandezza.
23: Non tradite mai voi stessi, rispettate la parola data.
24: Non fate torto allo straniero.
25: L’incaricato di una missione non rischia niente nel Mandè.
26: Il toro dato in consegna non può diventare il capo della mandria.
Gli storici hanno pareri controversi, non tutti concordano nel ritenere questo testo come una delle prime dichiarazioni dei diritti dell'uomo, ma è evidente che parlare di "rispetto" e non di "sottomissione" nei confronti dei capi religiosi, di "diritto alla vita" in una sociatà schiavistica, di "tolleranza" e di "capacità di scherzare" tra bambini e anziani, di "non fare torto" agli stranieri e che assegna la responsabilità di vegliare sull'organizzazione delle società e tutti indistintamente, significa affermare che una cultura nuova andava affermandosi.
IL TESTO
I - SULL’ORGANIZZAZIONE SOCIALE:
1: La società del gran mandè è suddivisa in 16 portatori di faretra, 5 classi di marabù, 4 classi di nyamakalas. Ciascun gruppo ha una sua attività e un ruolo specifico.
2: I nyamakalas si impegnano a dire la verità ai Capi, di essere i loro consiglieri e di difendere attraverso il modo di parlare le regole definite e l’ordine sull’insieme del regno.
3: I morikanda lolu (le cinque classi di marabù) sono i nostri Capi e maestri nell’Islam. Tutto il mondo deve loro rispetto e considerazione.
4: La società è divisa in classi di età. A capo di ciascuna di essa è eletto un Capo. Appartengono alla stessa classe di età le persone (uomini o donne) nate nel corso di tre anni consecutivi. I Kangbès (classe intermedia tra giovani e anziani), devono essere invitati a partecipare quando devono essere prese decisioni importanti che riguardano la società.
5: Ciascuno ha diritto alla vita e alla preservazione della sua integrità fisica. Di conseguenza, ogni tentativo di togliere la vita al prossimo è punito con la pena di morte.
6: Per vincere la battaglia della prosperità viene istituito il Kön¨gbèn Wölö (una forma di sorveglianza) per lottare contro la pigrizia e l’ozio.
7: Tra i mandekas viene istituito il sanankunya (cuginato per finta) e il tanamanyöya (forma di totemismo). Di conseguenza, nessuna divergenza nata tra questi gruppi deve degenerare, in quanto la regola è il totale rispetto dell’altro. Anche tra cognati e cognate, tra nonni e bambini il principio deve essere la tolleranza e la capacità di scherzare.
8: La famiglia Keita è la famiglia regnante sull’impero.
9: L’educazione dei bambini è in carico a tutta la società. La patria potestà appartiene di conseguenza a tutti.
10: Facciamoci vicendevolmente le condoglianze.
11: Se vostra moglie o vostro figlio fugge, non andate a cercarli dai vicini.
12: Essendo la successione patrilineare, non darete mai il potere ad un figlio fino a quando uno solo dei suoi padri è vivo. Non date mai il potere ad un minore, in quanto questi ha dei vincoli.
13: Non offendete mai i nyaras.
14: Non offendete mai le donne, nostre madri.
15: Non alzate mai le mani su una donna sposata, prima di aver fatto intervenire senza successo suo marito.
16: Le donne, oltre alle loro occupazioni quotidiane, devono essere a tutti i nostri governi.
17: Le bugie che hanno resistito 40 anni devono essere considerate verità.
18: Rispettiamo il diritto di primogenitura.
19: Tutti gli uomini hanno due suoceri: i genitori della giovane che non hanno sposato e la parola pronunciata senza costrizione alcuna. Si deve ad entrambi rispetto e considerazione.
20: Non maltrattare mai gli schiavi, accorda loro un giorno di riposo a settimana e fa in modo che cessino di lavorare ad un’ora ragionevole. Si è padroni dello schiavo, non della borsa che porta.
21: Non siate assidui con le spose del Capo, del vicino, del marabù, del mago tradizionale, dell’amico e dell’associato.
22: La vanità è segno di debolezza, l’umiltà di grandezza.
23: Non tradite mai voi stessi, rispettate la parola data.
24: Non fate torto allo straniero.
25: L’incaricato di una missione non rischia niente nel Mandè.
26: Il toro dato in consegna non può diventare il capo della mandria.
27: Una giovane può essere data in sposa da quando è adolescente senza limite d’età. La scelta dei suoi genitori deve essere seguita, qualunque sia il numero dei pretendenti.
28: L’uomo può sposarsi a partire dai 20 anni.
29: La dote è fissata nel numero di tre bovini: uno per la giovane, uno per suo padre, uno per sua madre.
30: Veniamo in aiuto di chi ha bisogno.
28: L’uomo può sposarsi a partire dai 20 anni.
29: La dote è fissata nel numero di tre bovini: uno per la giovane, uno per suo padre, uno per sua madre.
30: Veniamo in aiuto di chi ha bisogno.
II - SUI BENI:
31: Ci sono cinque modi per acquisire una proprietà: l’acquisto, la donazione, lo scambio, il lavoro e la successione. Tutte le altre forme senza prova certa sono equivoche.
32: Tutti i beni trovati senza proprietario conosciuto diventano proprietà comune dopo 4 anni.
33: Il quarto parto di una giovenca data in consegna è di proprietà del guardiano.
34: Un bovino deve essere scambiato con quattro montoni o quattro capre.
31: Ci sono cinque modi per acquisire una proprietà: l’acquisto, la donazione, lo scambio, il lavoro e la successione. Tutte le altre forme senza prova certa sono equivoche.
32: Tutti i beni trovati senza proprietario conosciuto diventano proprietà comune dopo 4 anni.
33: Il quarto parto di una giovenca data in consegna è di proprietà del guardiano.
34: Un bovino deve essere scambiato con quattro montoni o quattro capre.
35: Un uovo su quattro appartiene a chi custodisce il pollaio.
36: Soddisfare la propria fame non è furto se non si ha nulla nella propria borsa o nella propria tasca.
III - SULLA SALVAGUARDIA DELLA NATURA:
37: Fakombè è nominato Capo dei cacciatori. È incaricato di salvaguardare il bosco e i suoi abitanti per il benessere di tutti.
37: Fakombè è nominato Capo dei cacciatori. È incaricato di salvaguardare il bosco e i suoi abitanti per il benessere di tutti.
38: Prima di incendiare il bosco, non guardate a terra, ma alzate la testa verso la cime degli alberi. 39: Gli animali domestici devono essere legati nel periodo della raccolta e liberati dopo. I cani, i gatti, le anatre, e il pollame non sono soggetti a queste misure.
IV - DISPOSIZIONI FINALI:
40: Rispettate la parentela, il matrimonio e il vicinato.
41: Uccidete il vostro nemico, non umiliatelo.
42: Durante le grandi assemblee accontentatevi dei vostri legittimi rappresentanti, e tolleratevi a vicenda.
43: Balla Fassèkè Kouyate è designato grande Capo delle cerimonie e mediatore principale del Mandè. È autorizzato a prendere in giro tutte le tribù, in primo luogo quella della famiglia reale.
44: Tutti quelli che trasgrediscono queste regole saranno puniti. Ciascuno deve vegliare sulla loro applicazione.
40: Rispettate la parentela, il matrimonio e il vicinato.
41: Uccidete il vostro nemico, non umiliatelo.
42: Durante le grandi assemblee accontentatevi dei vostri legittimi rappresentanti, e tolleratevi a vicenda.
43: Balla Fassèkè Kouyate è designato grande Capo delle cerimonie e mediatore principale del Mandè. È autorizzato a prendere in giro tutte le tribù, in primo luogo quella della famiglia reale.
44: Tutti quelli che trasgrediscono queste regole saranno puniti. Ciascuno deve vegliare sulla loro applicazione.
(fonte del testo Solidarietà Internazionale)
1 commento:
per chi volesse approfondire, la casa editrice EMI ha pubblicato il saggio di Serge Bilè QUANDO I NERI FANNO LA STORIA, FULGORE E DECADENZA DEL MEDIOEVO AFRICANO
http://www.africanews.it/quando-i-neri-fanno-la-storia-di-serge-bile/
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