Quella metà non c’è quasi più
Quella metà non c’è quasi più,
la metà cinese,
la parte chiara della pesca,
oscurata dal coltello del tempo,
svanisce come un sole crudele.
Al trentesimo anno d’età
scrissi una lettera a mia madre.
Avevo scordato il carattere
per “amore”. Mi ricordo vagamente
il radicale “cuore”.
Gli antenati non smettono mai di ricordarti
gli organi vitali e residuali
da cui provengono le emozioni.
Ma il resto sbiadisce.
Un taglio netto a mezz’aria,
ahi, ahi, ahi, ahi,
più gemito che sospiro
(e la fonetica non aiuta).
certo che sei cinese!
Madre irremovibile.
Sei una cinese, no?
Madre meno convinta.
Non sei cinese?
Madre arrendevole.
Con la cataratta che le annebbia la vista,
e la terza figlia che sposa
un protestante della Virginia Occidentale
che è “tanto bello e tanto gentile”.
Il mistero rimane irrisolto –
il paesaggio incombe
sull’uomo. E il pescivendolo con la visiera calata–
fischietta al suo cormorano.
E la fanciulla dietro la tenda
è la concubina di qualcuno.
O forse solo la figlia cresciuta di Rose Wong
che indaga l’abisso blu.
Sei una cinese – disse mia madre
che un tempo percorse le terre dei suoi defunti –
Oggi, nel 36esimo anniversario della mia nascita,
ho problemi perfino a scrivere
i saluti iniziali.
poetessa americana di origini cinesi, narra di una doppia appartenenza e
di un solo cuore per soddisfarla.
pubblicata, in questa traduzione, da El-Ghibli, rivista online di letteratura della migrazione
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